In occasione della Festa della donna, molti politici, esponenti della società civile e giornalisti hanno fatto luce sui dati non certo positivi che riguardano l’occupazione femminile in Italia, specialmente se paragonati agli standard degli stati del nord Europa, e delle lacune nelle politiche di welfare e del mercato del lavoro che ne sono la causa. Dati OCSE mostrano infatti che le donne occupate sono il 46,8% della popolazione femminile, il 30% in meno rispetto ai paesi scandinavi ed anglosassoni che hanno un’occupazione femminile che si aggira intorno al 75%.
Un dato molto positivo a riguardo arriva invece da un focus sul terzo settore nella nostra provincia. Secondo i dati dell’ultimo censimento il non profit comasco ha quasi 10.000 addetti e più di 50.000 volontari, per un fatturato annuo di 721 milioni di euro. E’ inoltre l’unico settore che ha superato la crisi con ottimi risultati, continuando ad assumere personale (quasi 3.000 addetti in più nel decennio 2001-2011), che acquista grande rilevanza se paragonato alla contrazione delle assunzioni negli altri settori. All’interno di questo universo è fondamentale il contributo delle donne che rappresentano il 75% degli addetti del settore.
Il terzo settore non ha influenze sull’occupazione in rosa solo in maniera diretta, ma soprattutto tramite le azioni di welfare e di conciliazione vita-lavoro di cui si fa portavoce, e in questo senso ancora molto bisogna fare per facilitare i genitori lavoratori, specialmente le giovani mamme.
Secondo una recente indagine del Censis, infatti, solo “il 49% delle nostre imprese adotta forme flessibili degli orari di lavoro, a fronte del 51% in Francia, il 55% in Spagna, il 58% in Germania, il 70% in Danimarca e Regno Unito, l’83% in Finlandia. Così, soprattutto le donne sono spesso costrette a diminuire o addirittura abbandonare il lavoro per prendersi cura dei figli. Secondo il Censis sono quasi 450.000 le famiglie in cui uno dei componenti, quasi sempre una donna, ha dovuto ridurre il proprio orario di lavoro per prendersi cura dei figli e 350.000 persone hanno rinunciato, per lo stesso motivo, a cercare lavoro“. ( http://www.volontariatoggi.info/le-storie-delleconomia-che-genera-benessere/ )
Una partnership tra profit e non profit può aiutare a conciliare la vita e il lavoro delle donne. Sono tanti i modi con cui le organizzazioni possono intervenire: dall’asilo aziendale alla stireria, dai servizi alla neogenitorialità al babysitting, e così via. Il non profit può essere dunque una grande occasione di sviluppo, garantire le pari opportunità, valorizzare la grande risorsa, purtroppo finora sottoutilizzata, del lavoro femminile e incentivare la maternità in un Paese che invecchia sempre di più.