Nuove ricerche suggeriscono che i riformatori dei sistemi educativi faticano ad imparare come agire benché l’educazione sia da tutti considerata un elemento fondamentale per la crescita non solo morale e civile, ma anche economica e sociale di ogni paese e benché sia diffusa la consapevolezza di come i risultati non siano soddisfacenti malgrado i miliardi investimenti in tale ambito.
Per cercare di combattere questa situazione molti si concentrano sulla scuola, puntando il dito sui docenti considerati inadeguati, sulla mancata implementazione di strumenti in grado di misurare la performance degli studenti e dei loro insegnanti, sui vincoli imposti da una burocrazia paralizzante. Altri invece puntano il dito sui problemi sociali ed economici il cui impatto negativo è talmente rilevante da rendere destinata al fallimento qualsiasi strategia che le scuole e i docenti dovessero implementare e quindi giudicano le linee d’azione proposte dai primi come non solo inadeguate, ma anche controproducenti.
L’ultimo rapporto pubblicato lo scorso 10 febbraio dall’OCSE sui motivi dei fallimenti scolastici e su come aiutare gli studenti a superare i loro problemi e a completare con successo i loro studi introduce una riflessione molto interessante. L’analisi parte da due affermazioni:
1. gli studenti con bassi risultati all’età di 15 anni rischiano più di altri di abbandonare gli studi e di avere lavori meno qualificanti con stipendi più bassi;
2. quando una percentuale consistente della popolazione è priva delle competenze di base la crescita economica di lungo periodo di quel paese è compromessa.
Ne consegue che diventa fondamentale individuare le cause delle basse performance da parte degli studenti pur nella consapevolezza di come queste non siano la conseguenza di un solo fattore di rischio, ma piuttosto la combinazione e l’accumulazione di diverse barriere e svantaggi che colpiscono gli studenti durante tutta la loro vita.
Malgrado ciò può essere interessante notare come gli studenti hanno maggiori probabilità di successo quando, da un lato, hanno dei docenti sufficientemente numerosi che li sostengono e hanno un morale più alto, e dall’altro, hanno a disposizione più attività creative ed extracurriculari.
In particolare, per l’Italia, il rapporto suggerisce le seguenti azioni:
- smantellare le molteplici barriere all’apprendimento;
- creare ambienti di apprendimento esigenti, ma anche in grado di sostenere gli studenti;
- fornire sostegno al recupero tempestivamente;
- favorire il coinvolgimento dei genitori e delle comunità locali;
- aiutare gli studenti a sfruttare al meglio le opportunità di istruzione disponibili;
- identificare i ragazzi con bassi risultati e progettare attività di sostegno specifiche;
- offrire programmi speciali per immigrati, minoranze linguistiche e studenti provenienti da realtà periferiche;
- affrontare gli stereotipi di genere ed assistere le famiglie monoparentali;
- ridurre le disuguaglianze nell’accesso all’istruzione precoce e limitare l’allocazione dei bambini a seguito di sorteggi.
Si tratta, in gran parte, proprio degli obiettivi che il progetto Non uno di meno mira a conseguire sul nostro territorio.
Per approfondimenti è possibile leggere l’articolo pubblicato da NonProfit Quaterly o leggere direttamente il rapporto dell’OCSE.