In un articolo apparso qualche giorno fa su “Il corriere della Sera”, Maurizio Ferrera, professore ed esperto di politiche pubbliche, ha sottolineato come sia necessario ripensare al welfare, non solo considerandolo come il frutto di un connubio tra pubblico e privato, ma soprattutto ponendo l’accento sul ruolo da protagonisti dei giovani, delle nuove generazioni nella creazione di un welfare di successo.
In un Paese con 13 milioni di persone sopra i 65 anni di età è necessario per mantenere i costi delle politiche pensionistiche e sanitarie creare opportunità di lavoro ai nostri giovani, o quanto meno, formarli adeguatamente per preparali all’entrata nel mondo del lavoro. Per questo Ferrera parla di rovesciare la clessidra: pensare all’utilità di un investimento sulla formazione dei giovani per garantire un welfare sostenibile.
La Fondazione Comasca nel suo piccolo ha fatto un ragionamento analogo. Negli ultimi anni col progetto “Non Uno di Meno” si sta tentando di investire sul futuro dei nostri giovani, di combattere la dispersione scolastica valorizzando i talenti dei ragazzi per far sì che abbiano maggiori opportunità di successo nel mondo del lavoro.